Pag. 35

 

Quando cadde nell’ acqua, sentì una strana voce dentro di se.

Sono un gabbiano. Sono limitato nella mia natura. Se io fossi stato destinato ad imparare così tanto sul volo, avrei avuto una carta nautica per cervello. Se io fossi stato destinato a volare velocemente, avrei avuto le ali di un falco e mi sarei nutrito di topi anziché di pesce. Mio padre aveva ragione. Devo dimenticare queste follie. Devo volare a casa dal mio stormo e mi devo accontentare di quello che sono, un povero gabbiano. La voce sparì e Jonathan acconsentì. Il posto per un gabbiano di sera è sulla riva, e da questo momento in poi lui decise di essere un gabbiano normale. “Farei contenti tutti gli altri”. Egli si spinse stancamente dall’acqua scura e volò verso la terraferma, grato per quello che aveva  imparato sul volo a bassa quota. “Ma no”, pensò. “Sono diventato quello che sono per quello che ero, sono diventato quello che sono per tutto ciò che ho appreso. Sono un gabbiano come tutti gli altri gabbiani e vorrei volare come tale”. Così egli si arrampicò dolorante alla quota di cento piedi e sbatté le ali più forte, spingendosi verso terra.

 

 

Back